L’aperitivo è l’appuntamento fisso che milioni di italiani, e non solo, celebrano il venerdì sera (e non solo!). Un momento durante il quale condividere un brindisi con gli amici  sorseggiando cocktail, vini e stuzzicanti golosità. Una tradizione, quasi un rito, comunque un appuntamento imperdibile, tra le 18 e le 20, che sigla il termine delle attività lavorative della settimana.

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Le prime testimonianze storiche di quello che è poi diventato un vero e proprio rito risalgono al V secolo a.C. Il termine aperitivus, dal latino “che apre” , fu usato infatti dal medico greco Ippocrate per indicare un vino aromatizzato dal sapore amarognolo che prescriveva ai pazienti affetti da inappetenza. L’etimologia del termine non lascia dubbi: l’aperitivo stimola la fame.


L’aperitivo nel suo significato vero e proprio nacque però a Torino nel 1786 nella bottega di liquori di Antonio Benedetto Carpano. Carpano, infatti, diede vita a quella che divenne poi la bevanda da aperitivo per eccellenza: il Vermouth, un vino aromatizzato con china, che in breve conquistò la Casa Reale. Fu proprio l’allora Re d’Italia, Vittorio Emanuele II, a nominare il Vermouth con China Carpano, ribattezzato poi Punt e Mes, Aperitivo Ufficiale di Corte.

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Da quel giorno il rito dell’aperitivo si propagò invadendo i caffè della città Sabauda, scoprendo nuovi sapori, fino a spopolare nei locali delle altre città italiane con nuovi cocktail e abitudini e nel corso del Diciannovesimo secolo l’offerta degli aperitivi crebbe. Ausano Ramazzotti, a Milano, crea il primo liquore da aperitivo non a base di vino: l’Amaro Ramazzotti realizzato con la combinazione di 33 erbe.

In Piemonte i produttori di vino Martini e Rossi dettero vita al Martini Bianco: un Vermouth a base di Moscato ed erbe aromatiche. Gaspare Campari, a Novara, creò il Campari una bevanda dal gusto particolarmente amaro, che venne chiamata bitter.

Sul finire del secolo, l’usanza di bere qualcosa fu accompagnata dal rito di consumare frugali stuzzichini. E l’aperitivo cominciò ad assumere i contorni delle attuali abitudini. L’aperitivo tuttavia comincia a cambiare forma con le influenze internazionali. Ben presto si eredita dall’Inghilterra l’usanza dell’Happy hour. Una trovata commerciale anglosassone per aumentare i clienti nei bar, che prevede la somministrazione di bevande, in una particolare fascia oraria, a prezzi particolarmente vantaggiosi.

Negli ultimi vent’anni nelle grandi città il piccolo spuntino servito all’ora canonica dell’aperitivo ha iniziato ad assumere le forme di una vera e propria alternativa al pasto. Nasce l’era dell’apericena: occasione di ritrovo per brindare in compagnia, davanti a buffet particolarmente ricchi.

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