Il Cristo velato è universalmente riconosciuto e annoverato tra le opere più note e suggestive al mondo. L’immagine della prodigiosa tessitura del velo marmoreo, realizzata da Giuseppe Sanmartino nel 1753, ha fatto il giro del mondo e fin dall’epoca della realizzazione l’opera ha attratto estimatori da tutto il mondo. Si tratta di un capolavoro di scultura incomparabile situato nel cuore del centro storico di Napoli, precisamente nella Cappella Sansevero. Quest’ultima, voluta da Raimondo di Sangro, principe di Sansevero, è un capolavoro iconografico dall’inestimabile valore artistico internazionale.
Per parlare del Cristo velato si deve necessariamente far riferimento alla personalità del committente. Uomo d’armi, letterato, editore, primo Gran Maestro della Massoneria napoletana, di Sangro fu un grande mecenate, filantropo e inventore della sua epoca, nonché originale esponente del primo Illuminismo europeo. Legato a doppio filo ad una concezione esoterica della conoscenza, il settimo principe di Sansevero non fu mai particolarmente ben disposto a parlare delle sue invenzioni e scoperte, tanto che il suo messaggio intellettuale è tutto racchiuso nella Cappella Sansevero, riccamente intrisa di simbolismo.
Quest’uomo, la cui genialità vagava dall’esoterismo, all’alchimia, passando per l’avanguardismo della scienza moderna, alimentò intorno alla proprio figura un vero e proprio mito, che perdura tutt’oggi. Non è un caso che per secoli il velo di marmo che copre il corpo del Cristo morto sia stato oggetto di leggende secondo le quali, troppo verosimile nella perfezione della trasparenza, sarebbe frutto di un processo alchemico di “marmorizzazione” compiuto dal principe stesso.
La realtà è ovviamente un’altra: la monumentale opera realizzata da Sanmartino è “una statua di marmo scolpita a grandezza naturale, rappresentante Nostro Signore Gesù Cristo morto, coperto da un sudario trasparente realizzato dallo stesso blocco della statua”. Il Cristo velato era stato inizialmente commissionato ad Antonio Corradini, che però morì nel 1752, lasciando solo un bozzetto in terracotta dell’opera. L’artista napoletano che lo succedette, il giovane Giuseppe Sanmartino, non tenne conto dello studio del Cristo dello scultore veneto ed impresse nella sua realizzazione una drammaticità mai vista prima.
Il simbolismo non è più nel solo velo che copre il corpo martoriato ma passa attraverso il tessuto di marmo, che diviene così mezzo di un messaggio che si esplica totalmente nella definizione delle membra sofferenti, nella vena ancora palpitante, nel respiro appena esalato, nei segni della passione del Cristo. Il velo non copre il corpo ma lo traspare in tutto il suo simbolismo, evocando così la drammaticità del destino dell’uomo segnato nella sofferenza di Cristo.
Si tratta davvero di un capolavoro senza tempo, un’opera maestosa e ineguagliabile che ha tolto il fiato e la parola a illustri artisti e pensatori che nei secoli l’hanno ammirata. Da Canova ad Adonis, passando per il marchese de Sade, Riccardo Muti ed Héctor Bianciotti, il Cristo velato ha parlato e parla all’animo umano con una forza e una passione che, a ben guardare, sembrerebbero essere una qualche strana magia.
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